L'ideale dell'ostrica
📒 Ritrovarsi
Voi lo sapete cos’è “l’ideale dell’ostrica”? Verga ce ne parla nella novella “Fantasticheria”: è la necessità di rimanere ancorati al proprio scoglio, perché il mare aperto è troppo grande e pericoloso. È questo che dice degli abitanti di Aci Trezza, che conducono una vita fatta di abitudini, che tramandano ai figli, e questi ai loro, e così via. Ve li immaginate uscire da una piccola casa, alle luci dell’alba, quando fuori è ancora un po’ buio, per andare al lavoro? Rabbrividiscono e si stringono nella giacca consumata, si sistemano il cappello di lana sgualcito, fatto dalla nonna, e ascoltano il rumore dei propri passi e delle onde che accarezzano il molo; salutano la loro barca con una pacca leggera e recitano una veloce preghiera, sperando che il pescato sia abbondante, perché a casa è finita la farina. Che vita semplice, eh? Forse, ma è anche una vita vissuta, fatta di molti sacrifici e piccole soddisfazioni, come tornare a casa con le guance arrossate, la nebbia tra i capelli e nell’aria il profumo del pane appena sfornato; sono tutti lì, seduti al tavolo, ti guardano e ti sorridono, sono contenti che tu sia tornato dal lavoro sano e salvo; allora si comincia a mangiare: la mamma oggi è andata al mercato a comprare il formaggio, il nonno ha vangato l’orto, la piccola ha imparato le tabelline e tu, che hai la schiena a pezzi, trovi la forza di sorridere, perché è per loro che ti svegli ogni mattina, saluti la tua barca e ti addentri nelle acque blu del mare. È una vita semplice, sì, ma è ciò che basta.
E se invece a qualcuno non bastasse più? Molti fuggono; fuggono dalla vita di tutti i giorni, che sembra ripetersi all’infinito, cercano qualcosa, qualcosa che li faccia sentire vivi di nuovo… Qualcuno giudica: “Cosa ci sarà mai laggiù che qui non c’è?”. Non si sa, probabilmente ci saranno lampi e tuoni, forse anche un tornado. In tanti se ne vanno dalla loro vita semplice, per andare a cercarsi, pensando di potersi ritrovare lì, da qualche parte. Alcuni si ritrovano nei libri scritti in svedese, altri correndo sotto la pioggia di Londra, perché, come sempre, si sono dimenticati l’ombrello. E io? Io mi sono ritrovata davanti a una chiesa nel Texas e mi sono chiesta se mettere un oceano tra me e la mia “vita semplice” fosse stato abbastanza, se alla fine mi ero ritrovata.
A volte pensavo di sì, altre volte sentivo che mi stavo ancora rincorrendo.
Mi sono guardata allo specchio e ho pensato che avrei potuto vivere quel sogno ancora per pochi mesi, che sarei dovuta tornare al mio scoglio. Il tempo passava veloce, troppo veloce, e io cercavo di non prestargli attenzione; volevo rimanere con me, d’altronde mi ero appena trovata.
Quando la “vita semplice” mi ha chiamata, io le ho chiuso la porta in faccia, ma lei è entrata dalla finestra, mi ha presa per i capelli e mi ha trascinata a casa. Alla fine, è sempre lì che si torna, a casa. Ma tutto era cambiato: papà aveva la barba più lunga, la mamma era più stanca e i capelli della nonna erano più grigi, così grigi! Ho pensato di aver sprecato il mio tempo. Me ne sono andata per cercare qualcosa che non esiste. Egoista!
Forse è vero, ho perso tempo, ma non gioco più a nascondino, sono qui, sono ancorata a me stessa, non più allo scoglio, anche se ogni tanto torno a fargli visita.
Buoso Viola, classe 5DU, riflessione a cuore aperto sulla propria esperienza di Intercultura